Cosenza e provincia

ACRI:SCAGLIONE,NO ALLE PALE EOLICHE SULLA CRISTA

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La notizia della possibile installazione di otto pale eoliche sulla Crista ha scatenato le prime reazioni. Innanzitutto, quella preoccupata dell’Arch. Pino Scaglione, che è di Acri ed è docente all’Università di Trento.“Se la notizia è vera – scrive in una nota il Prof. Scaglione -, c’è sul serio da preoccuparsi: otto torri da sei megawatt equivalgono a otto “bestie” dell’altezza di 50 metri e larghezza delle pale di circa 40 metri. Otto palazzi bianchi e fissi di venti piani sul posto più straordinario dal punto di vista paesaggistico di Acri e della Calabria, la serra Crista, che vedrebbe sconvolta la sua cima, il suo profilo”. Per l’Arch. Scaglione, “premesso che le energie alternative sono molto importanti, premesso che l’energia eolica è una delle possibilità non inquinanti di produrre elettricità, va detta che non per questo occorre deturpare l’ultimo baluardo di grande pregio visivo e naturalistico rimasto fortunatamente intatto ad Acri.Voglio anche segnalare – scrive ancora Scaglione – che si tratta dell’ennesima “rapina”, ormai diffusa al sud, di società, prima straniere, ora italiane, che in cambio di pochi soldi liquidi a comuni poveri del sud, piazzano manufatti ingombranti e inamovibili, e rubano, letteralmente energia che rivendono a noi e ad altri. Di questa produzione agli acresi non resta nulla, se non lo scempio della Crista. Sono ben altre le politiche attuate in paesi evoluti, come al nord Europa, in cui i grandi parchi eolici sono a circa 30 chilometri dalla costa, e in mezzo al mare.Questo tipo di intervento – prosegue ancora la nota – chiede un delicato studio di impatto paesaggistico, prima che solo ambientale, chiede una attenzione ai valori e vincoli sul paesaggio del Qtr (Quadro Territoriale Regionale Urbanistico) che nella versione redatta dal gruppo di lavoro di cui ho fatto parte, nel precedente governo regionale, impediva questo tipo di intervento oltre una certa quota e su zone protette come la Crista. Si tratta di un tipo di manufatti che negli ultimi anni hanno stuprato parti di montagne e colline calabresi e siciliane e che rischiano di gettare alle ortiche l’ultima, unica, stupenda risorsa che ci è rimasta per continuare a sperare e ritrovare la via smarrita di uno sviluppo diverso: il paesaggio”.


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