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RENDE: Autista Scuolabus fa Scendere Bimbo di 10 anni. ‘Tuo Padre non Paga’

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Alberto è un papà che non riceve lo stipendio dal mese di aprile. Così non ha pagato lo scuolabus del figlio. L’autista del pullman ha deciso di fare scendere il ragazzino, lo ha lasciato a piedi. Il motivo: «Non paghi il tesserino». È una storia ordinaria di crisi quella di Alberto, raccontata da Deborah Furlano dalle colonne del giornale Calabriaora.

«State facendo casino. Tu, comincia a scendere che non paghi neanche il tesserino», così l’autista avrebbe apostrofato il piccolo Francesco. È un ragazzino di appena dieci anni e – racconta Calabriaora – è stato lasciato al freddo a un chilometro o forse più da casa nella frazione di Nogiano, frazione di Rende, in provincia di Cosenza.

«Francesco, di appena 10 anni, è l’agnello sacrificale che, viene lasciato dall’autista dello scuolabus a un chilometro o forse più da casa sua. Al freddo, da solo, su una strada pericolosa con gli automobilisti che sfrecciano. L’autista “giustiziere” ha voluto punire il bambino, lasciandolo a piedi, per la semplice colpa di aver giocato insieme a tutti gli altri bambini», ricostruisce il giornale.

Il papà di Francesco ha 42 anni, lavora per la Giseco, che gestisce gli impianti di depurazione nella zona di Cosenza e dintorni. È stanco, ha pochi soldi. Sfoga la sua rabbia: «E’ solo un bambino, ed è la mia vita. Non ha colpe lui se non posso pagargli lo scuolabus. Il comune di Rende è in debito con la Giseco. Deve qualcosa come un milione di euro e, anzi, di più. Fondamentalmente i miei soldi ce li ha già l’amministrazione comunale». Calabriaora lo descrive scosso, nervoso, con gli occhi lucidi.

Alberto ricostruisce: «Il bambino ieri sera aveva paura di raccontarmi cosa era successo per paura che andassi a picchiare l’autista. Ma picchiarlo non servirebbe. Ho pensato di denunciare l’accaduto per far capire che i soprusi devono cessare, specialmente sui bambini che non hanno colpe. E mio figlio non deve vergognarsi di avere un padre come me, non deve sentirsi dire che non ha il tesserino pagato. Io sono un onesto lavoratore che ogni mattina si reca sul cantiere, anche con mezzi di fortuna, per adempiere al proprio dovere. Adesso tra l’altro lavoriamo con il contratto di solidarietà, solo due giorni a settimana. Per mangiare i miei figli devo chiedere aiuto. Posso vietargli di andare a scuola e istruirsi?».

E ancora: «Il mio ometto esce da scuola, nel centro storico di Rende alle 13.15. Lì c’è lo scuolabus della linea Rende – centro storico – Nogiano, ad attendere circa una quindicina di scolari per riportarli a casa. La fermata è proprio davanti la mia abitazione. Alle 13.30 mi chiama mia moglie, preoccupata, che non vedeva arrivare Francesco: “è arrivato il pullman ma non si è fermato. Francesco non è sul pullman”. Dopo una quindicina di minuti, forse qualcosa in più, mi richiama per tranquillizzarmi. Mio figlio era tornato a piedi. Quando sono rientrato a casa nel tardo pomeriggio il bambino si è deciso a raccontarmi la verità. Erano sullo scuolabus e giocavano con i giubbini a incappucciarsi la testa tra di loro, l’abbiamo fatto tutti da bambini,tra le urla generali legate anche alla contentezza delle vacanze del fine settimana. A quel punto, l’autista ha fermato la corsa e ha gridato i ragazzi incolpandoli del troppo casino. Poi, a mio figlio, gli ha ordinato di scendere, tanto lui non paga l’autobus. Ho chiamato il responsabile del servizio -ha detto che avrebbe provveduto a chiare il fatto. Ma a me non basta. Qui si tratta di mio figlio, principalmente, ma penso che se ieri è accaduto questo, domani potrebbe accadere altro e i bambini non si toccano. Chi svolge un servizio delicato come questo, con i bambini, deve essere responsabile. Gli vorrei domandare se un atto del genere lo avessero fatto al suo di figlio come avrebbe reagito». 


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