Acri rende omaggio a Padre Fedele. Basilica gremita per l’ultimo saluto al paladino di tante lotte di dignità
Acri ha risposto con partecipazione ed emozione alla volontà di Padre Fedele di fare del centro presilano una delle ultime tappe del suo viaggio terreno.
Il feretro del Padre Cappuccino è giunto in Basilica per un momento di preghiera, officiato dal Provinciale dell’Ordine, Padre Giovanni Loria.
La Basilica era gremita, nonostante l’ora, le due del pomeriggio, e la giornata, vigilia di Ferragosto.
La comunità acrese ha voluto rendere omaggio a quel frate con il quale il cordone ombelicale non era mai stato del tutto reciso.
In Basilica è giunto dopo aver sostato in contrada Montagnola. Qui era giunto nel 1969 come parroco di una parrocchia che non c’era ancora. Proveniva da Milano e la sua immagine nella memoria degli acresi non si è mai discostata di molto da quella romantica del curato dal piglio garibaldino.
A Montagnola in quegli anni mancava tutto e ancora oggi, come ricordato in uno striscione esposto dagli ultras dell’Acri calcio all’esterno della Basilica, viene ricordato per le sue battaglie all’insegna dello slogan “Acqua e luce a Montagnola”.
Diceva messa nelle aule scolastiche e fondò anche una squadra di calcio, di cui fu centravanti e con la quale ottenne una promozione in seconda categoria.
L’acqua e la luce a Montagnola arrivarono, ma non fu né semplice e né scontato, ma fu la conseguenza di battaglie sociali guidate dal Padre Cappuccino.
Nel 1975 diventa Guardiano dell’Ordine ad Acri, e da qui s’intesta altre lotte. C’è molto del suo impegno nel viaggio che condurrà il Beato Angelo a diventare Santo, in una giornata storica nell’ottobre del 2017, in Piazza San Pietro, ma triste per chi era stato relegato ai margini, nonostante meriti indubbi, da una vicenda processuale che ne ha segnato non soltanto l’impegno pastorale, ma anche la persona.
E’ rimasto scolpito nell’immaginario collettivo il viaggio della statua dell’allora Beato Angelo negli Stati Uniti, nei luoghi di maggior presenza degli emigrati acresi. Un’avventura che ha avuto il grande merito di rinsaldare il legame tra chi era stato costretto ad attraversare l’Atlantico e la gente che nella sua terra natia era rimasta.
Acri è una comunità che non dimentica. Non l’ha fatto neanche quando l’immagine di Padre Fedele era stata offuscata e il suo saio “sporcato”. Anche in quegli anni turbolenti qui è sempre stata casa sua, e qui ha sempre trovato un ricovero per tentare di ritrovare un po’ di serenità.
La maggior parte di chi oggi era in Basilica aveva almeno un aneddoto da raccontare, ma c’era anche chi Padre Fedele non l’ha mai conosciuto. Acri si è raccolta in preghiera, con gratitudine e ciglia bagnate. Di grande impatto emotivo, prima dell’uscita dalla chiesa, la sosta davanti all’urna di Sant’Angelo.
Un congedo terreno, dal profondo significato simbolico.
Piero Cirino

