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Sanpa luci e tenebre di San Patrignano: la querela dei figli di Muccioli a Netflix.

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Nel 1979, Vincenzo Muccioli ha fondato a Coriano, in Provincia di Rimini, la Comunità di San Patrignano prendendo il nome dalla Via in cui era la sede.

L’Italia degli anni ottanta che usciva dalle stragi dei cosiddetti “Anni di Piombo”, aveva voglia di un nuovo benessere, di una rinnovata leggerezza, era ambiziosa, influenzata dal mito degli Yuppies che arrivava d’oltre oceano. Contestualmente a questo desiderio di libertà, si è diffuso rapidamente l’uso di eroina fra i giovani che ha causato un numero impressionate di vittime. In questo scenario, l’obiettivo di Muccioli era quello di prendersi cura del maggior numero possibile di questi ragazzi caduti nella spirale della droga, adottando nei loro confronti il metodo del “padre di famiglia”: dolce, comprensivo, ma allo stesso tempo molto severo, se necessario.

Lo stato non era ancora preparato ad affrontare questa nuova emergenza e molti giovani si recavano a San Patrignano come loro ultimo riparo, ma anche molte famiglie affidavano i loro figli alle cure di Muccioli, come estrema speranza di recupero e di salvezza dalla morte, quantunque i metodi utilizzati in comunità fossero molto discussi dall’opinione pubblica. Si è molto parlato di modalità violente nei riguardi dei ragazzi tossico-dipendenti, che causarono alcuni suicidi e l’uccisione di uno di loro, Roberto Maranzano, per il quale Muccioli fu condannato per favoreggiamento ma assolto dall’accusa di omicidio.

Oggi, a distanza di decenni dalla fondazione della comunità e dai fatti che l’hanno circondata e dai quali si era allontanata la memoria, Netflix ha prodotto una docu-serie di 5 ore, divisa i 5 parti, che torna a raccontarli. Un lavoro durato 2 anni, il primo servito per raccogliere materiale, informazioni, cercare le fonti, leggere libri, studiare il processo; il secondo per la produzione, per attingere agli archivi di filmati, realizzare interviste; per le riprese sono state impiegate 5 settimane, per il montaggio è servito circa un anno di lavoro di 4 montatori, 2 assistenti e la supervisione della regista.

Gli autori Gianluca Neri con Paolo Bernardelli e Carlo Gabardini hanno volutamente scelto di non utilizzare una voce narrante, ma di affidare il racconto del documentario alle immagini, agli audio originali e alle interviste di diversi protagonisti diretti. Fra le testimonianze raccolte, anche quelle di Fabio Cantelli ospite della comunità della quale è poi diventato portavoce ufficiale, di Vincenzo Andreucci magistrato, di Walter Delogu autista e guardia del corpo personale di Muccioli. C’è anche un’intervista rilasciata a titolo gratuito da Andrea Muccioli, uno dei figli di Vincenzo, che ha anche venduto alla produzione del materiale d’archivio ottenendo la rassicurazione che dal documentario sarebbe emersa la parte positiva del lavoro svolto dal padre.  

Andrea Muccioli insieme al fratello Giacomo non sono però, evidentemente, rimasti soddisfatti dal risultato finale poiché hanno deciso di querelare la produzione, gli autori e la regista per diffamazione aggravata: contestano la maniera in cui viene rappresentata la figura del fondatore della comunità, in particolar modo la illazione di una sua presunta morte per AIDS e di una sua altrettanto presunta omosessualità. Anche la comunità di San Patrignano ha preso le distanze dalla docu-serie definendola un “racconto tendenzioso e parziale, ricco di spettacolarizzazioni, drammatizzazioni e semplificazioni”. Gli autori si difendono sostenendo che il loro obiettivo è quello di raccontare i fatti nella loro complessità, senza compiacere nessuna delle parti in causa. Netflix, da parte sua, ha comunicato che si tratta di “una occasione grandiosa per riflettere su una storia che ha segnato un’epoca del nostro paese”.

Intanto, lo scorso 10 Marzo, il sindacato dei giornalisti e critici cinematografici ha assegnato a Sanpa, luci e tenebre di San Patrignano un nastro d’argento speciale nella categoria dei documentari.

Werner Altomare


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